Il 30 settembre 2018 TEDxTorino spalanca le porte di un Salon da non perdere: Game Over / Learn Over. (Napoleone)
Desideriamo toccare con mano, o meglio, immergerci fino al gomito in qualcosa che in condizioni normali la gente non desidera neppure sfiorare: la sconfitta e più in generale il fallimento.
Ma il fallimento è davvero la catastrofe che siamo abituati a credere? O può essere un’opportunità di riscatto, di apprendimento?
Nel cammino che conduce al Salon di settembre, vi terremo compagnia con qualche articolo che parla proprio di questo.
In quello di oggi parliamo di un fallimento di dimensioni… imperiali.
Tanto più in alto ti spingi, tanto più rovinosa sarà un’eventuale caduta.
Chissà se Francesco D’Orleans ci pensava mentre il 2 dicembre approdava in Francia al suono delle salve di cannone della marina francese.
Quei colpi d’onore non erano per lui a dire il vero, ma per ciò che era stato inviato a recuperare: la salma di Napoleone Bonaparte, di mestiere Imperatore, che era caduto dalla cima del piedistallo più alto che la Francia abbia mai visto.
Un Napoleone che non tornava da vincitore, ma da sconfitto ultimo e definitivo, morto in esilio dopo aver giocato e perso la partita decisiva.
Un perdente dunque, per quanto illustre.
E se è vero che il popolo da sempre ama i vincitori, come si spiega il fascino di questo personaggio – che ha sì trionfato in quasi tutte le battaglie – ma ha poi perso la guerra?
Cosa c’è di tanto accattivante nella sconfitta di Napoleone?
Probabilmente la capacità di reagire, la forza d’animo con cui riuscì a rialzarsi dopo il primo terribile scivolone e a riguadagnare palmo a palmo la cima del piedistallo.
Napoleone Bonaparte lo aveva fatto dopo la sconfitta di Lipsia e l’esilio all’Elba: fuggito di nascosto dall’isola, al suo ritorno in Francia l’esercito inviato per fermarlo lo aveva invece accolto con tutti gli onori, e pare che la stessa popolazione lo avesse ricevuto e sostenuto con affetto.
Aveva quindi scalzato dal trono Luigi XVIII, sovrano non particolarmente amato dai francesi, e si era ripreso il proprio posto tra i potenti d’Europa.
Potenti che – per inciso – non avevano nessuna intenzione di riammetterlo nel circolo, e si prepararono a cacciarlo una volta per tutte dal club.
Ciò avvenne il 18 giugno 1815, la giornata della battaglia di Waterloo, in cui l’esercito francese fu sconfitto per l’ultima volta e la disfatta del suo generale divenne irreversibile.
La Camera gli impose di abdicare e le forze nemiche, entrate a Parigi, rimisero sul trono Luigi XVIII, un po’ impolverato ma ancora funzionante.
Napoleone fu spedito per posta prioritaria a Sant’Elena, un’isola nell’Oceano Atlantico così sperduta che gli inglesi si ricordarono di possederla per puro caso: e siccome nessuno aveva intenzione di utilizzarla per le vacanze estive, ci mandarono l’ex imperatore a contare i suoi ultimi giorni.
Morì il 5 maggio del 1821 e fu sepolto a Sant’Elena, come aveva stabilito il governo inglese.
Eppure il fascino di quell’uomo, un uomo qualunque, che dalla sperduta Ajaccio è riuscito a diventare Imperatore, risulta innegabile anche nella sconfitta.
A due secoli di distanza, il suo nome ancora infiamma e divide: c’è chi lo ammira, c’è chi lo odia, ma nessuno lo ignora.