Esattamente un mese fa ci lasciava Alessandro Invernizzi, maratoneta della felicità: abituato a correrla, sudarla, meritarla, morderla un chilometro alla volta.
A tenere duro nonostante i crampi, il fiato corto, le salite – tutte cose che fanno parte del gioco e che Alessandro affrontava con spirito leggero e animo da atleta.
Sulla sua scia, anche chi lo seguiva sembrava andare un po’ più veloce: Elisa e Ruggero, che lo hanno incontrato e accompagnato nel suo percorso di speaker in occasione di Genius Ex Machina, ci raccontano un pezzetto di strada percorsa al suo fianco.
Buon viaggio Alessandro, che la strada sia tutta dritta.
La felicità è una scelta
Ho sentito questa frase un milione di volte. Ogni volta ho pensato che sia facile da dire per chi ha un buon lavoro, una bella casa, una bella famiglia, o semplicemente è ricco. È facile da dire per chi ha avuto tutto dalla vita. Ma per una persona come me, con una vita ordinaria, la felicità non è una scelta: la felicità è un lusso.
Due anni fa ho incontrato Alessandro.
Alessandro ha scelto di essere felice. Ha scelto di amare la vita nonostante la malattia che lo tormentava, o forse proprio grazie ad essa.
Ha condiviso la sua storia e il suo amore con tutti quelli che hanno voluto ascoltarlo, perché per scegliere di amare la vita non bisogna per forza trovarsi con le spalle al muro: si può anche imparare dalle esperienze altrui.
L’umiltà di Alessandro mi ha colpito nel profondo. Nonostante avesse da insegnarmi molto di più di quanto non potessi fare io nei suoi confronti, mi ha sempre ascoltato con una enorme apertura mentale, rispetto e mettendo in pratica al meglio ogni suggerimento e consiglio.
Lui, che quasi tutti i giorni condivideva un video o scriveva sul suo blog la felicità e l’amore per la vita.
Mi ha insegnato che è più importante guardare a quello che si ha, invece di quello che manca. Diamo così tanto per scontata la possibilità di poter respirare, di avere acqua pura e cibo ogni giorno, un tetto o semplicemente di essere in salute o di essere vivi oggi.
Se oggi sono viva, oggi posso scegliere di essere felice. Io scelgo la felicità.
Grazie Alessandro.
Elisa
6 minuti di felicità
Ciao Alessandro.
2018. Era ottobre, forse già novembre, una delle tante riunioni del gruppo Curation di TEDxTorino in cui si affidano i vari speaker ai coach. Viene fuori il tuo nome, un CEO ora presidente che ha portato avanti una forte innovazione organizzativa della sua azienda, anche tecnologica.
Io ed Enrico ci guardiamo: citare l’Industria 4.0 era più che un segnale, lui sa già che sarò io il tuo coach. “Vuole fare un talk sulla diversità, prova a capire bene, di contenuto umano ne ha tanto” non avrà detto esattamente queste parole, ma il senso era questo.
Il 27 novembre mi proponi di vederci da Eataly. Io ero in centro a Torino, tu a Cuneo, sembrava una buona via di mezzo, non sapevo del tuo legame con quel posto. Ho scoperto fossi socio di Eataly con Lurisia quando orgoglioso mi hai portato a fare un giro a vedere le vostre bottiglie, per spiegarmi l’innovazione che ne aveva permesso il riutilizzo ventennale.
Ricordo che mi impressionò quanta passione mettessi nel raccontare e spiegare ogni dettaglio. Poi mi hai parlato dei 7 valori aziendali per rendere felici i dipendenti, mi hai parlato dei Feliciani, mi hai raccontato la tua storia di vita travagliata, ogni sfida da cui sei uscito con un sorriso.
Siamo partiti che dovevi fare un talk sul valore della diversità, dopo qualche chiacchiera è stato evidente che quanto più ti stava a cuore era piuttosto il tema della felicità.
Ti lascio il tuo tempo per pensarci, il periodo di Natale per te è particolarmente importante. Ci risentiamo l’8 gennaio, quando mi scrivi: “Ciao Ruggero, ho ulteriormente riflettuto sull’argomento e sento molto più mio quello sulla ricerca della felicità, rispetto a quello sulla diversità. Quindi se fosse possibile preferirei fare quello. Grazie Alessandro”.
Appunto.
Ci sentiamo altre volte, ci rimpalliamo per mail il testo del talk, lo limiamo. C’è un potenziale enorme, ti chiedo pian piano di scendere da 10 minuti a 6, perché il tuo messaggio deve, deve assolutamente arrivare a tutti. Non possiamo permetterci che qualche pigrone si salti il video solo perché vede la doppia cifra nei minuti.
2 febbraio, una settimana prima dell’evento, mi mandi un video di prove. 6:32 minuti, e un messaggio: “Ps: non guardare la sterilità, mi manca il pubblico”.
Un paio di feedback e il 4 febbraio arriva un altro video, seguito dal mio commento: “È stato perfetto, era da registrare e mandare già così in post-produzione!”.
Altre due cose da limare, il 6 febbraio mi mandi 5 minuti e 21 secondi di pura emozione.
“Probabilmente il miglior talk visto a TEDxTorino. Grazie.”
“Grazie per l’aiuto, lo stimolo e i suggerimento. Adesso vediamo di dare il massimo e il meglio di me, domenica!”.
Scrivo questo non per descrivere il processo che ha portato al tuo talk del 10 febbraio, ma per sottolineare la tua umiltà, la tua voglia di fare, e di fare bene, la tua capacità di ascoltare, l’umanità delle tue paure ad andare su quel palco, pensando che ti saresti emozionato.
Tu emozionato? E quei 300 a cui hai fatto venire gli occhi lucidi – qualcuno ha pianto, qualcuno si è trattenuto forzatamente – cosa dovrebbero dire?
Torino, 10 febbraio 2019.
In questa foto nel dietro le quinte si possono apprezzare due sorrisi che ingannano, di lì a pochi minuti ti avrei accompagnato sul palco da cui ci avresti regalato 6 minuti di emozioni forti e non poche lacrime.
Perché essere felici è un concentrato di emozioni, in cui sei riuscito a mettere tutto te stesso, a lanciare un messaggio di speranza, a farci pensare, e tanto, su come decidiamo di essere ogni giorno.
In questa foto ci sono due sorrisi, perché è così che ci hai insegnato ad affrontare la vita. Felici noi, felici gli altri.
“Il dolore, se condiviso, si divide. La felicità, se condivisa, si moltiplica”. Il tuo messaggio da diffondere ovunque e per sempre.
Poi la prima standing ovation assoluta di TEDxTorino, tanti volti commossi. Le mille persone attorno a te alla fine dell’evento, che volevano parlarti, chiederti cose, condividere un momento con te. Non riuscivo proprio a portarti via un attimo per il selfie di rito con i miei speaker! Poi abbiamo avuto tempo di fare quattro chiacchiere rilassate, anche con mio padre.
È stato un bel momento, un momento forte, è stato bello vedere due persone che stimo così tanto condividere pensieri, valori e ideali.
Ruggero